Tedesco in terza elementare: quell’idea buona solo a prima vista dei Giovani Liberali

A me la mozione dei Giovani Liberali ticinesi sul tedesco a scuola non piace.

È chiaro: il tedesco all’università al primo semestre è, detto in buon francese, une merde. Non è un caso che a Lucerna diamo un’ora (!) di tempo in più ai primi esami a diritto ai ticinesi. Siamo consapevoli del problema.

Quei sei mesi in più che il ticinese perde tipicamente durante il suo curricolo di studi (io ne ho persi di più, perché avevo sbagliato facoltà: il problema non è quindi solo la lingua!) sono però un periodo di integrazione. Ci si integra in Svizzera tedesca, si viene a contatto con un mondo nuovo e diverso. Il “perdere tempo” fa parte della “croce” di essere una minoranza federale, ma ci fa diventare cittadini federati più completi: è una croce che poi per noi diventa una forza. E dopo ci fa “guadagnare tempo”.

Il problema maggiore, comunque, non è la lingua. Il dramma dei ticinesi è che stanno sempre nella loro comfort-zone, nel loro “tessiner Ecke”, vanno sempre allo stesso bar. Portano il Ticino al nord.

Tutto questo certo non cambia studiando qualche ora in più il tedesco da bambini. Questo è uno dei grandi problemi di quella mozione dei Giovani Liberali: non ragiona sulla questione della cultura e dell’integrazione, non punta a formare bambini pronti alle sfide del mondo.

La sudditanza dei Giovani Liberali è il loro primo problema

Secondo loro ci sono due problemi principali: a) “negli ultimi anni parecchie aziende hanno spostato i loro centri decisionali dal Ticino alla Svizzera interna” e b) a Locarno ormai parlan solo tedesco, quindi anche i ticinesi lo devono imparare prima.

Non una parola di critica alle aziende che delocalizzano. Anzi, pur di non criticare ci dicono che studiare prima il tedesco sarebbe “un enorme vantaggio nella crescente concorrenza del frontalierato”. Insomma è colpa nostra che abbiamo studiato tedesco solo dalla seconda media se gli imprenditori fanno dumping.

Purtroppo l’atteggiamento di questi Giovani Liberali è di sudditanza. “La lingua tedesca, prima lingua in Svizzera, è di fondamentale importanza per il mantenimento del plurilinguismo”. Ah, lontani sono i tempi per cui i ticinesi erano gioiosi di lottare per i loro diritti di minoranza! (v. le Rivendicazioni ticinesi). E lontani sono i tempi in cui il Ticino diventava Repubblica per mano francese.

“Contarini sei vecchio! Devi pensar all’economia!”, sembrano gridare in coro, correndo dietro a due borsoni (NB in genere elettori liberali, a buona memoria) che hanno spostato la fabbrichetta “in deenta”.

Cos’è l’insegnamento di una lingua?

I giovinotti liberali ci ricordano che bisogna imparare due lingue quando si è bambini, fa bene all’elasticità mentale. Omettono però, per motivi politici, di dire che questo già succede: alle elementari in Ticino si insegna il francese dalla terza classe.

Del francese gli interessa poco: per loro l’insegnamento di una lingua risponde solo ed unicamente ad una logica professionale. Nessuno studio è però portato a dimostrazione che il tedesco allena la mente meglio del francese. Come non importa che una lingua sia pathos. Approccio ad altre mentalità. Apertura. No: il tedesco va imparato “per essere concorrenziali”. Nessuna parola, ad esempio, sul francese come “lingua vicina”, e neppure sul suo insegnamento come funzione integrativa nella scuola ticinese.

Il dramma del dialetto svizzero-tedesco e l’amnesia dei Giovani liberali

Studiare in Svizzera tedesca anzitutto pone problemi di integrazione con la gente di qua, e la lingua si sa è la porta principale. Ma tutti sanno pure che l’unico modo per imparare veramente il tedesco “in deenta” è avere persone con cui parlarlo.

Questo orizzonte di realtà sfugge ai Giovani Liberali, che immaginano i bambini in età scolare più come “polli in batteria” che come umani che devono sviluppare la loro personalità. E proprio quell’approccio da suddito è uno dei tanti problemi del ticinese medio “in deenta”: sta sempre e solo con gli altri ticinesi, fa il suo ghetto, le sue feste. E la colpa è sempre e solo degli “zucchini che con noi non ci parlano”.

I Giovani Liberali dovrebbero dare risposte culturali, invece di accodarsi ai soliti tre padroni che delocalizzano. Dovrebbero ragionare sugli skills sociali, sulle capacità interdisciplinari, sulla messa in discussione della scuola frontale come è oggi. E invece no, stanno là, sulla loro piccola materia messa in concorrenza con le alte. Chiaramente stando attenti a non sfiorare il tema della griglia oraria, che è un vaso di pandora e fa paura pure a loro.

Parlare di integrazione invece che di borsoni dà fastidio, vero?

Integrarsi con gli svizzeri tedeschi e con gli svizzeri romandi, questo sarebbe un buon progetto politico. Rimettiamo il municipio al centro del villaggio e diciamolo chiaro e tondo: il plurilinguismo per i ticinesi è importante per motivi di integrazione, apertura alla diversità e autonomia federale. Non per correre dietro ai borsoni.

Si tratta di vivere appieno la nostra dimensione culturale di essere uno Stato federale al centro dell’Europa, nell’epoca della modernità e della globalizzazione virtuale che abbatte le frontiere. Perché, come scritto nel programma delle lingue seconde delle scuole medie (emanato al tempo del dominio liberale sul decs): l’obiettivo di insegnare le lingue “è teso a permettere la comprensione reciproca fra gli individui, come premessa per la costruzione di una società plurilingue e pluriculturale”.

A differenza dei Giovani Liberali, inchiodati nel loro sudditismo economico, noi vogliamo ad esempio parlare di un concordato intercantonale sugli scambi fra studenti, come proposto dal ministro socialista Bertoli. Guardate su questo tema il comunque buon progetto Movetia (https://www.movetia.ch).

Imparare le lingue per imparare a capirci: bisogna investire!

Mentre i sudditi Giovani Liberali vogliono imparare le lingue per piacere al padrone, noi vogliamo insegnare le lingue per imparare a capirci. Questo significa che non mettiamo il focus sul quando si inizia a imparare la taerza lingua, ma su una realtà veramente vissuta, cambiando la dinamica di quella bolla ticinese nelle varie città universitarie svizzere.

Una politica concreta, integrativa, plurilingue, parte dal concetto che per imparare una lingua non devi essere un “pollo in batteria”, ma devi andare nell’altro posto per stare a contatto con la gente del luogo. E questo è ancora più vero quando si parla di un luogo complesso come la Svizzera, dove si parla una lingua diversa (il dialetto) da quella che s’impara sui libri.

Va pur detta una cosa chiara: i Giovani Liberali non vogliono dare alla scuola i soldi che le servono per questo. Loro sono contro le borse di studio, vogliono studenti coi sensi di colpa, indebitati ancora prima di iniziare a lavorare.

I Giovani Liberali sono bravi ragazzi, io stimo la loro capacità di impegnarsi e fare gruppo. Ma devono capire che star troppo dietro ai ricchi borsoni fa dimenticare di essere anzitutto al servizio della nostra cultura, non dei padroni che delocalizzano altrove.

Filippo Contarini

Pubblicato il 13 novembre 2017 su www.ticinotoday.ch