Se il manuale sulla sessualità eccita gli animi

Permettetemi un paio di appunti alla furibonda polemica sorta sul nuovo manuale di educazione sessuale per allievi delle scuole medie. Lo ho sfogliato (grazie a questo link del caffè) e dico subito che ringrazio il nostro Stato per offrire un documento di questo livello ai nostri adolescenti.
Nella società pornificata del XXI secolo c’è bisogno di un documento chiaro che aiuti didatticamente ad affrontare la sessualità. Oltretutto la struttura famiglia (che se ne occupava) è radicalmente cambiata, il 53% delle coppie sposate è divorziata e la tecnologia rinchiude i parenti sempre più spesso in muri che impediscono la comunicazione. Potremmo anzi dire che grazie a questo libro scolastico ora si può affrontare la questione con i figli in modo ancor più sereno. Così come i docenti, che sono e devono essere liberi di attivarsi in modo critico.
Questo bel nuovo manuale, frutto di una commissione rappresentativa di vare sensibilità sociali, sarebbe passato in sordina se il signor Rolando Leo, prete, filosofo e teologo, non si fosse incazzato di brutto. Il nostro ministro Bertoli ha subito risposto, spiegandoci che Leo faceva parte del gruppo di consulenza che ha collaborato all’allestimento del manuale in rappresentanza della Chiesa cattolica. E che è l’unico che non ha accettato il risultato finale.
Siamo con il ministro: nessuno aveva né diritto di veto, né diritto di vedere le proprie idee scritte nel libro. Era insomma una consultazione collegiale, ovvero tutti sullo stesso piano. E la Chiesa, in uno Stato laico e democratico, deve accettare di far parte dello stesso piano degli altri, non sta sopra.
Con la presa di posizione di Leo è arrivata anche l’interrogazione di Agustoni. Al parlamentare dà fastidio che nel manuale si parli in modo oggettivo di masturbazione, pornografia e gravidanza. Ci si masturba per piacere e per conoscersi. Ebbene sì. Si può abortire. Ebbene sì, e tanti anni fa i nostri genitori hanno lottato per questo diritto.
Agustoni chiede la neutralità dello Stato su certi temi “delicati”. Notate per favore il paradosso: lo Stato in un libro ha spiegato come funziona l’essere umano, senza prendere posizione, e Agustoni la considera una presa di campo. Permettetemi delle domande retoriche: Agustoni sta dicendoci che la neutralità è descrivere l’umano come sta scritto nella sacra bibbia? Che neutralità è nascondere l’esistenza del piacere? O addirittura che per neutralità bisognerebbe dichiarare peccato il godimento? Dovremmo eliminare la descrizione dell’onanismo dai libri di scuola, ma nel contempo indicare ai giovani che quando si toccano (perché, ebbene sì, succede che un essere umano si voglia masturbare) devono andare a confessarsi? Sul serio? Per caso Agustoni sta facendo un delicato esercizio di oscurantismo?
Tolgo luce a questo atto parlamentare di minoranza, e trovo sulla stampa che una Grande Questione sollevata dai cattolici più rigidi è sorta attorno alla “teoria gender”, che sarebbe stata usata per giustificare l’omosessualità. Bertoli ci informa che per fare il manuale nella parte sull’omosessualità non sono stati consultati trattati di teorie gender, che in realtà sul tema proprio non ci sono. E in realtà bisogna dare ragione a Bertoli, nel senso che la scuola degli studi Gender lavora a livello universitario anzitutto sulla metodologia scientifica e sull’epistemologia e solo indirettamente sui contenuti.
Per capire come molti stiano pigliando le mosche guardiamo l’assurda presa di posizione della “rete docenti cattolici della diocesi di Lugano” che ha immediatamente sostenuto il signor Leo. Le loro parole: “alcuni punti presenti nel «manuale» sull’educazione sessuale sollevano molti interrogativi in quanto imbevuti del pensiero «gender»”. Condanna totale, insomma. Non si discuta del gender a scuola!! Curioso: sono docenti, persone laureate, e cattolici, ma comunque han dovuto mettere in croce il concetto di Gender, senza né tematizzarlo, né contestualizzarlo. Forse bisogna aprire gli occhi sulla credibilità di questa presa di posizione.
Lo faccio ora.
Penso interesserà a molti sapere che ai festeggiamenti per i 10 anni dell’università di Lucerna, a fianco dell’intervento di Dick Marty, parlava la decana della facoltà di teologia cattolica, professoressa teologa Monika Jakobs. Indovinate a che tema? “Scienza e Gender”. Cominciamo col dire con le parole della Jakobs che “in der Wissenschaft hat inzwischen Gender die Bezeichnung Frauenforschung oder gar feministisch ersetzt“. Parliamo insomma di studi che originariamente hanno base metodologica femminista. Ma siccome già la femminista Simone de Beauvoir aveva improntato la sua filosofia sulla differenza intrinseca fra uomo e donna, il termine Gender ha via via preso una nuova connotazione. Si è arrivati così nelle scienze ad accostarlo al termine parallelo di “sesso” in biologia. Gender diventa il sostantivo che racchiude in sé il sesso sociale, i ruoli sessuali e l’identità sessuale del singolo individuo.
Il tema scientifico era chiaro: bisognava scappare dal buio dell’androcentrismo (tra l’altro, di solito connotato religiosamente). Col tempo però le evoluzioni socioscientifiche hanno modificato anche questo significato. Ora il Gender nella scienza rappresenta sempre più lo studio integrale del rapporto fra i sessi, mettendo in completa discussione la bisessualità (intesa come presenza esclusiva di due sessi nella società umana) su spinte postmoderniste (Judit Butler). Queste evoluzioni van di sicuro salutate positivamente.
Ci dice la Jakobs: “Die durch Butler (und andere) angestossene Diskussion führt in direkter Linie zur Performativität des Geschlechts. Das heisst: Geschlecht ist nicht einfach da, noch «hat» man es ein für alle Mal, vielmehr wird es immer wieder «getan».“ Il sesso, o meglio il Gender, non lo si è ne lo si ha, ma lo si fa, è performativo. E, sottolinea la professoressa universitaria teologa cattolica Jakobs, che piaccia o no il discorso di Butler, gli studi storici e le scienze dure hanno dimostrato che i nuovi dubbi sui confini fra biologia e cultura sono profondi. Banalizzarli sarebbe un errore.
Questo provoca che nella scienza e negli istituti educativi bisogna parlarne, senza però mitizzarne i contenuti. Bisogna essere rigorosi e trattare questi concetti unitamente ad altre categorie sociali. Finisce la Jakobs, parlando della struttura educativa Università, dicendo: “Auch für die Universität als Stätte, wo Wissen rezipiert, produziert und weitergegeben wird, ist Vielfalt ein Erfordernis“. “Das Genderthema fordert heraus, über die ethischen Ideale der Universität nachzudenken”. “Es dürfte nicht mehr möglich sein, «Wissenschaft zu betreiben, ohne die Ergebnisse der Gender Studies in irgendeiner Form zur Kenntnis zu nehmen.»“ Che significa: parlare di Gender ci libera tutti, sia che ne siamo a favore, sia che ne siamo contro. Di sicuro non si può ignorare che si tratta di un valido metodo scientifico nelle scienze umane.
Sarebbe da chiedersi, per riprendere le parole della “rete dei docenti cattolici”, se anche la Jakobs è imbevuta di pensiero Gender.
Purtroppo di fronte a queste prese di posizione c’è poco da fare. Abbattono il manuale sulla sessualità per semplice partito preso, siamo quasi in odor di sessuofobia. Mentre la scuola, anche quella secondaria, dovrebbe essere sempre anzitutto spazio di confronto e non di censura.
Per finire, ciliegina sulla torta, il nostro ministro ci informa che il signor Leo vorrebbe che ci siano diversi corsi per raccontare la sessualità umana ai giovani. I corsi normali per tutti e poi i corsi privati (ipotizziamo, pagati dal contribuente?) per i figli delle famiglie che vogliono nascondere ai loro figli come funziona la sessualità umana. Permettetemi un’ultima domanda retorica, quasi satirica: si vogliono per caso sentir dire che i gay non esistono? O che, se esistono, saranno dannati?
Ma forse queste prese di posizione bigotte si squalificano veramente da sole, e quindi possiam tranquillamente fermarci qui.

Filippo Contarini, giurista, membro di comitato della sezione ticinese dei liberi pensatori

Pubblicato su www.ticinotoday.ch il 1.10.2015