Scoutismo e smartphones, una sfida attuale

Una delle sfide del nostro tempo è la gestione degli strumenti di comunicazione. Bene lo spiega Giorgio Agamben: il dispositivo, che nel nostro caso sono gli smartphones che affollano tasche e borsette, è lungi dall’essere uno strumento neutrale.

Non son semplicemente necessarie “forza” o “buona volontà” per scappare dai meccanismi perversi dell’ipercomunicazione. Non basta “lasciare il natel da parte” per elaborare il problema. Bisogna essere in grado di riflettere sul sistema sociale e su tutto l’apparato di violenza simbolica che esso produce. Non usare né vivere la comunicazione al ritmo degli altri può infatti rapidamente provocare esclusione e risentimento. Provare a rifuggire la medial-socialità crea perfino senso di disorientamento in chi ci sta vicino. E però c’è un problema reale di appiattimento a una comunicazione troppo rapida, troppo semplice, troppo deresponsabilizzata. Che va affrontato con serietà e con originalità.

Si tratta di una questione completamente sociale, come cittadini siamo chiamati a cercare possibili rimedi. Si può provare il metodo classico, tanto caro a francescani e anarchici, facendo professione di naturalità e neo-luddismo. Oppure si può tentare un approccio diverso di gestione della conflittualità immanente fra la società e gli smartphones. Perché, volenti o nolenti, i natel rimangono nelle nostre tasche e borsette, anche quando siamo in montagna in riva a un fiumiciattolo.

Penso che lo scoutismo possa essere un luogo interessante per dare nuovi stimoli a questa gestione di conflittualità con la tecnologia, in particolare lavorando con gli adolescenti (pionieri) e i giovani adulti (animatori). Se, come penso io, lo scoutismo è laboratorio sociale attraverso la vita comunitaria, il riconoscimento della natura come territorio di confronto e il rigetto delle gerarchie precostituite, allora si vede bene come esso sia un luogo stupendo per tentare alternative. All’ideologia del tutto subito, della solitudine delle stanze virtuali, della semplificazione estrema dei gesti, della standardizzazione degli utilizzi, dell’imbonimento finalizzato alla fruizione ottimale di pubblicità commerciali, possono essere contrapposti il pluralismo, la vita volontaria di gruppo e la costante capacità di rinnovamento attraverso la libera espressione della creatività. È palese come siamo davanti a due movimenti antitetici, eppure con la profonda necessità di integrarsi uno con l’altro. Proprio perché lo scoutismo non è eremitaggio, ma è crescita nella e per la società. E quindi con gli smartphones.

La proposta educativa scout, con tutto il suo bagaglio centenario di esperienza, può essere luogo ad hoc per questa crescita sociale con i nuovi media. Come gli smartphones, anche lo scoutismo è un dispositivo, assolutamente non neutrale. Connotato da differenti declinazioni (la nostra a Lugano ad esempio è laicista e cittadina, ma ci sono altre realtà altrettanto interessanti), dà una proposta riflessiva e anticonflittuale ai problemi emergenti della vita dei ragazzi. Vuole, connotandosi come movimento educativo, proporre un messaggio di convivenza attuale positiva. Il motto è chiaro: impegnati, lascia il mondo migliore di come lo hai trovato. Il pacifismo è insito nel suo sistema valoriale.

A fronte di questa non-neutralità discorsiva ribadisco che diventa stimolante contrapporlo all’ipercomunicazione attuale, che è invece generatrice di irragionata immediatezza, scontro espanso, talvolta addirittura di aridità informativa nonostante i contatti continui e compulsivi. Insomma, nel mondo degli smartphones parliamo senza parlarci. Mentre lo scoutismo, proprio per la sua essenza sopra descritta, è necessariamente un luogo funzionante solo e unicamente se si riesce a parlarsi. Come detto, la sfida è lanciata. La lancio a me stesso, ai miei animatori, ma anche a chi sta fuori, cercando di sollevare curiosità in questa cosa strana che è la vita col foulard al collo.

Filippo Contarini/Baloo, Capo sezione Scout Lugano 1915