Riedweg saluta l’Istituto Svizzero di Roma, due interviste

Lo scorso giovedì 27 dicembre il Corriere del Ticino e il Corriere della sera han pubblicato in contemporanea due interviste (che propongo qua sotto) a Christoph Riedweg, direttore dell’Istituto Svizzero di Roma negli ultimi 8 anni. Riedweg è stato intervistato anche nel febbraio 2012 da Fazioli a Controluce, qua il video.

A Riedweg subentrerà Michele Luminati, poschiavino, storico del diritto, professore a Lucerna. Io avrò la fortuna di seguirlo come assistente scientifico. Luminati è stato intervistato nel febbraio 2012 da Fares a Compagni di viaggio, qua l’audio.

Christoph Riedweg e una personalità esplosova ed eclettica, studioso raffinato, organista e professore di filologia greca all’università di Zurigo, è da conoscere! Massimo Rocchi ha detto di lui: “è lo svizzero più italiano che abbia mai conosciuto!”.640-864 exam
Ed è proprio così, ti saluta con un abbraccio, ti dà tutta l’ospitalità possibile, ti fa sentire a tuo agio, ma capisci subito che sei davanti a un grande intellettuale che ha dato un bello slancio all’Istituto.

Queste due interviste (una qua con la copia [cliccabile] del cdt, più sotto la trascrizione del corriere) sono quindi pienamente meritate!

Intervista a Riedweg CdT

Corriere della sera, 27 dicembre 2012

ROMA – Professione direttore: colto, erudito e svizzero. Fine mandato per Christoph Riedweg che lascia la casa più alta di Roma.

EDOARDO SASSI

Da qualche anno il suo nome è sulla bocca di tutti: salotti (compresi quelli importanti e altolocati), luoghi dove si produce cultura, ma anche ambienti più off, fucine di creatività giovanile e iper-contemporanea: Christoph di qua, Christoph di là, Christoph di su, Christoph di giù…

Vero: di Christoph Riedweg — anzi: del professor Riedweg, classe 1957, ellenista per caso come lui stesso si definisce, esperto organista con tanto di diploma, studioso ed erudito con cattedra di greco all’università di Zurigo — si è sentito parlare tanto e ora c’è gran dispiacere nel sapere che a fine gennaio, dopo due mandati e otto anni, lascerà la capitale e il ruolo di direttore dell’Istituto Svizzero di Roma (Isr); quel luogo (straordinario, poco conosciuto, ma che ogni romano dovrebbe visitare una volta) che lui ha saputo trasformare in uno dei centri più vivi e interessanti di produzione culturale, nel segno dei rapporti tra i due paesi.

Falso-mito e luoghi comuni da sfatare subito: Svizzera uguale orologi (anche a cucù), neutralità, cioccolata ecc. La Svizzera era ed è anche milioni di altre cose (basti pensare a Zurigo e allo scenario legato all’arte contemporanea) e Riedweg ha interpretato benissimo questo esprit nouveau in un ruolo, quello di direttore, che lo ha visto comunque impeccabile «nocchiero» di un’istituzione governativa: «Poco dopo l’incarico — racconta — ho pensato di trasformare il ruolo dell’Istituto, non più solo centro di mediazione culturale, bensì luogo di produzione culturale». L’operazione gli è riuscita perfettamente, a partire da quei tre giorni di «festa» con cui Riedweg inaugurò il suo nuovo corso. Ma «festa» non significa «caciara», tutt’altro: piuttosto, ogni volta, la volontà di aprirsi alla città e il gusto per la sperimentazione, anche non scontata, mettendo insieme studiosi, filologi, grandi nomi italiani e svizzeri tra scienza e cultura, ma anche i creativi più nuovi e perfino irriverenti, come quella volta in cui, nella mostra «Visioni del paradiso», l’americana Norma Jeane creò un’installazione sulla cima alla torretta di Villa Maraini, sede dell’Istituto, con letto circolare e lenzuola fresche di ricambio. Un’ opera «vivibile» che il pubblico poteva usare, privatamente, per due ore!

La torre è il clou della Villa di via Ludovisi, progettata dall’architetto Otto Maraini, fratello di Emilio, miliardario industriale di Lugano (zuccherifici) e marito della contessa Carolina Sommaruga, che poi nel 1946 donerà la proprietà alla Confederazione Svizzera. Costruita su un colle artificiale, la casa è una delle più fastose residenze romane primi Novecento: giardino strepitoso, marmi, stucchi, grotte, logge, scale, terrazze, reperti di scavo, Boldini e Corcos alle pareti. Da lassù («la prima volta, salendo — dice Christoph — capii cosa significava mozzafiato») si gode un incredibile panorama a 360 gradi, ché Maraini, si dice, ottenne il privilegio di costruire la casa più alta di Roma, col solo divieto di superare il Cupolone. Le visite guidate il lunedì a torre e villa sono solo una delle mille attività con cui Riedweg ha accelerato nell’apertura alla città di questo edificio (www.istitutosvizzero.it). Il resto è biblioteca, iniziative editoriali, attività di borsisti, conferenze o cene e vernici informali dove si potevano incontrare tanto Bice Curiger, curatrice dell’ultima Biennale veneziana, quanto gli occupanti dell’ex Cinema Palazzo a San Lorenzo.

Su tutto la regia di questo vulcanico prof scelto ai tempi per le sue ricerche su Giuliano l’Apostata e la filosofia imperiale;640-692
uno che conversando (di tutto: Platone, Babilonia, Musica, Islam…) dice: «Studiare la storia dà serenità nell’affrontare le pressioni del contemporaneo, ti fa capire che l’identità è un costrutto, tutti siamo immigrati se solo si risale un po’ più in là. Il passato per capire l’oggi, arte compresa, salti utili per teste disposte a compierli».