Ristorni, un problema solo politico

In questi tempi di magra del discorso sociale e quindi politico esporsi in modo eccessivo è spesso visto male. Purtroppo io non riesco a tacere, mi sento in dovere di commentare l’articolo di Caratti pubblicato su laRegione martedì sulla questione dei ristorni delle trattenute fiscali sui lavoratori frontalieri.

La decisione del PPD – e della Lega – di congelare i ristorni verso l’Italia mi ha fatto venire i brividi. Quanta pochezza strategica, quanta arroganza nei confronti di Berna, quanta miopia politica.

Concretamente la situazione è questa: la Svizzera ha stipulato un trattato con l’Italia in cui si impegna a darle una parte delle imposte prelevate sul salario dei lavoratori frontalieri. Ha poi delegato al Ticino il pagamento del debito in sua vece. Il Consiglio di Stato ha ora deciso di non pagare metà il debito, la Svizzera dovrà quindi pagare, se l’Italia lo richiederà, il restante di tasca sua in ossequio al trattato. Poi, supponiamo, nell’ambito delle compensazioni versate periodicamente al Ticino, Berna tratterrà ciò che ha dovuto dare all’Italia al posto del Ticino.

Tutta la questione dei ristorni è quindi un problema a) contabile, b) di diplomazia interna elvetica e quindi c) puramente politico.

Che i metodi di propaganda leghisti siano più simili a quelli di un hooligan piuttosto che di un grande statista penso sia davanti agli occhi di tutti. Come è palese che il PPD ha deciso di rendersi complice di questa barbarie politica. Il resto della civiltà politica deve però riuscire a discutere del problema in modo serio, facendosi sentire con la sua competenza fra l’opinione pubblica.

Sventolare lo spauracchio del reato penale, dell’abuso di autorità, va invece esattamente nella direzione opposta. È una banalizzazione del discorso politico, una condanna semplicistica nei confronti dell’avversario, un utilizzo improprio del velo della legittimità giuridica. Nella bontà della critica ai contenuti dell’azione governativa è addirittura un metodo controproducente, perchè sposta il discorso sistemico dal parlamento all’aula di tribunale senza che ci siano veramente gli estremi per attivare la tutela giuridica.

L’atto del consiglio di Stato è infatti di sicuro illegale. Che ogni cosa illegale sia anche condannata secondo il diritto penale è però una conclusione logica troppo facile, assolutamente estranea alla realtà politico-giuridica. L’abuso di autorità oltretutto nel nostro caso è veramente fuor di questione! Come fa un’autorità inferiore ad abusare del suo potere nei confronti dell’autorità superiore (ricordiamolo: il consiglio federale può commissariare un cantone)? Come fa ad essere adempiuto il criterio di “danno ad altri” dell’art. 312 CP se de facto il debitore Confederazione può compensare il debito con altri crediti ticinesi?

Il problema dei ristorni è e deve rimanere squisitamente politico e come tale dovrebbe anche essere analizzato dalla collettività e dal mondo dell’informazione pubblica. Smettendo ad esempio di guardare il dito (leghista) e notando invece che c’è una luna immensa dietro. Ovvero un partito, il PPD, che quatto quatto fa scivolare il cantone in bocca alla malpolitica solo per squallidi motivi di potere.

Filippo Contarini, giurista