L’identità dell’orso svizzero

Con questo contributo chiudo la mia campagna elettorale. È stato avvincente, sono cresciuto tanto, ho scoperto posti bellissimi e conosciuto persone che non dimenticherò mai. Grazie a tutti per il sostegno!

Povero orso sviz­zero, usato da una parte politica quando più le fa comodo, proprio quella parte politi­ca che l’ha così odiato. Orso che era stato cacciato malamente da ca­sa nostra dai par­titi borghesi al potere ad inizio del seco­lo scorso (era stato ucciso l’ultimo orso svizzero nel val S-Charl nel settembre 1904) e che stoicamente nel 2008 vi fece ritorno con JJ3, inguaribile buongusta­io dei container grigionesi. Purtroppo le immagini di JJ3 ucciso pochi mesi do­po sono ancora vivide nella memoria collettiva. Classificato come troppo pe­ricoloso per la tranquilla e ancor più imborghesita Svizzera, non c’era più spazio per lui nella società dell’ordine e della tecnologia.

L’orso elevato a metafora, proprio oggi, proprio dalla Lega e dall’Unione demo­cratica di centro, diventa quindi para­dossale. Hanno deciso di dargli un no­mignolo, lo chiamano Berni. Lo hanno stilizzato e ci si fanno fotografare assie­me, come se fossero grandi amiconi. Pro­prio loro, che gli orsi in Svizzera non vor­rebbero vederli nemmeno in fotografia! Proprio loro, che della coesistenza del­l’uomo con la natura non fanno certo un punto cardine del programma elet­torale.

Troppo facile fare politica negando sé stessi. Troppo facile accorparsi attorno a un simbolo cercando di mostrare un’identità che altrimenti non si possie­de. Troppo facile rinnegare la storia pro­pria e della Svizzera, manipolando i fat­ti, i numeri e le coscienze. Una politica che fa della paura, della mistificazione e della menzogna la propria ricetta non ha nulla da dire sull’identità collettiva. Siamo svizzeri? Bene allora dimostria­molo! Discutendo apertamente delle esi­genze, proponendo soluzioni e trovan­do un compromesso. Inventando e in­novando. Riconoscendo i meriti dei no­stri predecessori, criticando ciò che sa­rebbe potuto andare diversamente, ana­lizzando anche i propri errori. Cam­biando. Senza simbologie, osservando i fatti.

La Svizzera è un grande Paese perché è riuscita a mettere la progettualità e la fiducia davanti alle paure e alle insidie del futuro. È su questo che dobbiamo co­struire la nostra identità, non sugli ste­reotipi venduti malamente.

Dobbiamo essere veri, trasparenti. E soprattutto ri­cordarci che l’orso, ovvero la nostra iden­tità, non sono di certo UDC e Lega a pro­teggerlo.

Filippo Contarini, candidato del PS al Consiglio nazionale

apparso sul Corriere del Ticino il 15 ottobre 2011