Memorie di una (prima) campagna

La campagna elettorale è stato un turbine di esperienze, emozioni e momenti incredibili. Bisogna viverlo per capirlo, perché quello che si vede dall’esterno non è che un’immagine sbiadita di tutto ciò che in questo periodo accade ai candidati.

Per la prima volta mi sono messo a disposizione del partito per partecipare alle elezioni cantonali. Lo stato d’animo iniziale era di profonda curiosità, orgoglio per essere stato chiamato e, perché no, esprimeva una certa voglia di riuscire a far un risultato di valore. In fondo non c’era nulla da perdere all’orizzonte, anzi. A scrutini avvenuti il bagaglio  di esperienze che rimane è grande, il confronto con le altre idee è stato profondo, i risultati elettorali purtroppo sono stati particolarmente scarsi.

C’è però una cosa che mi ha colpito particolarmente in questi due mesi e mezzo passati in giro per il Ticino nelle piazze, nelle osterie, nei ristoranti, nei capannoni e perfino in un torchio. A mente ancora calda posso infatti dire che ho scoperto un aspetto della politica che non avevo assolutamente intravisto da fuori. Ho infatti imparato a leggere il candidato in modo nuovo, dividendolo in due. Egli è prima di tutto un uomo in mezzo ad altri uomini. È però anche e soprattutto un’immagine sociale che rappresenta speranze e aspettative di differenti gruppi di persone.

Il candidato-uomo è un essere emozionale. È una persona che si affeziona ad altri candidati e ai loro famigliari, ai cittadini e ai posti che ha visitato durante la campagna e che gli hanno lasciato il calore nel cuore. È colui che deve parlare bene, conciso e sicuro, senza fare errori. È il candidato che sa che persino in sperduti paesini in fondo alla valle ci sono elettori da convincere. Ma che sa soprattutto che quegli stessi elettori sono prima di tutto umani con cui cercare una relazione vera, davanti a un bicchiere di vino o a un buon risotto. Il candidato-uomo è inoltre colui che se la prende. Vive la campagna come una sfida con sé stesso e non riesce a soprassedere a ciò che fanno gli altri. Ascolta in modo passionario quello che si dice su di lui, contro di lui, sugli altri; cerca di cogliere ogni minimo dettaglio, spostandosi poi in modo strategico in base ai sentimenti di coloro che gli stanno attorno.

In politica c’è però un altro lato del candidato, molto più difficile da percepire, ma che non può essere assolutamente trascurato. Un lato che trascende completamente da che emozioni egli abbia, da cosa pensi, da come si comporti o da dove si sposti. È un lato evidentemente difficile da costruirsi, che addirittura in determinati casi si ha e basta, non ce lo si può procurare Parlo evidentemente del candidato-immagine, o candidato-rappresentante. Quando si ricopre questo ruolo si smette di essere un umano e si diventa una raffigurazione sociale. A questo livello il contatto e il calore non contano più, le emozioni passano completamente in secondo piano, si ricopre esclusivamente un ruolo funzionale alle aspettative di un gruppo. Non è quindi il candidato che decide chi essere, ma sono i gruppi sociali a dire come debba essere la persona su cui decidono di puntare. In realtà quindi invece di raffigurare sé stesso personifica un gruppo di persone altre, che come contropartita lo sostengono nella scalata politica.

In fondo, e ce lo dimentichiamo troppo spesso, la politica non è altro che un sistema di parole e di immagini, in cui finzione e realtà spesso si confondono e dove ciò che conta sul serio è il consenso e la legittimazione. Il popolo non conosce i politici personalmente, ma li segue lo stesso. Sarebbe quindi assurdo che un candidato venisse eletto solamente perché è una brava persona: è necessario possedere anche un legame con un gruppo rappresentativo.

Ebbene per riuscire ad avere questo legame, a meno che per fortuna della vita non se ne sia in possesso indipendentemente dalle proprie azioni, bisogna fare un lavoro lungo, faticoso e certosino. Ed è con questa nuova grande esperienza che comincerò la mia nuova vita politica dopo le elezioni cantonali 2011.

Filippo Contarini, giurista, Porza