La vendetta degli intoccabili

“La libertà della stampa, della radio e della televisione nonché di altre forme di telediffusione pubblica di produzioni e informazioni è garantita. La censura è vietata. Il segreto redazionale è garantito.”

Che bella la nostra Costituzione, neh? Quello citato qua sopra è l’articolo 17, sezione diritti fondamentali.

Lo Stato moderno nasce e attorno a questo grande principio: la Stampa deve poter fare e dire quello che le pare, soprattutto quando in mezzo ci sono i potenti.
Addirittura nell’Ottocento venivano create delle giurie popolari che giudicassero proprio i potenti in base a quale porcata avevano fatto contro la Stampa. Anche se, a dire il vero, di solito la Stampa scrive quello che le pare soprattutto quando in mezzo non ci sono i potenti. Però la narrazione di una Stampa brava e giusta è molto più confortante e securizzante. I nostri mastini da guardia!

Oggi faccio un’invettiva contro la Stampa. Tutta la Stampa: giornali, radio, televisione, soprattutto computer e internet. Lo faccio perché dopo aver perso completamente la fiducia intellettuale nel sistema politico ora la sto perdendo anche nei confronti dei giornalisti. Considerando che fiducia nei giudici non ne ho mai provata… per fortuna non ho nessuna fiducia nemmeno negli anarchici, altrimenti il mio percorso verso il nichilismo più becero sarebbe stato interrotto proprio sul più bello.

Gli intoccabili dicevamo. Chi sono costoro? Sono persone-giornalisti che decidono di sostenere qualche potente (per vari motivi: mercato, passione, potere, sesso, ideali, estetica, …) e decidono di fare di tutto per far sì che lui sia santificato, gli altri siano odiati dall’opinione pubblica. O addirittura sommersi dall’indifferenza, che in politica è ancora peggio (e ben lo sanno, i giornalisti). È una realtà sistemica e interpersonale. Funziona così, non si può modificare con una petizione, né con una legge, né fondando un nuovo giornale o quant’altro. Il giornalista si schiera, sempre, su tutto. Sul potere in particolare. Ma solo contro i non potenti o contro i potenti se sono i nemici del proprio potente preferito.

Io parlo con i giornalisti, lo faccio volentieri. Con alcuni parlo più volentieri che con altri, perché stimolano il mio intelletto, grazie alla loro capacità di analisi sociale e grazie alla quantità di informazioni che conoscono. Ma lo sanno bene, loro: la mia stima e amicizia personale è costantemente accompagnata da disistima e sfiducia totale nella loro professione e professionalità. Lo sanno quanto non sopporto la loro costante manipolazione dei dati, delle foto, delle fonti. Lo sanno, loro, che io non credo alla verità e lo sanno, sempre loro, come sono bravi a manipolare la “verità giornalistica”. Ma lo ripeto, non c’è un “giornalista altro” che potrebbe cambiare questa cosa, perché il giornalista raccontando una verità racconta sempre la sua propria, non la mia o la tua. Omettendo qualcosa, o qualcuno, perché tutto non si può (epistemologicamente) raccontare.

La mia permanenza all’estero mi dà l’idea di quanto conti la stampa stando fuori dal discorso dei potenti. Non posso più incontrare politici e professionisti come facevo in Svizzera, sono insomma tornato ad avere le informazioni centellinate, come qualsiasi cittadino un attimo esterno dal giro politico-giornalistico. Che realtà imbarazzante noto, stando qua, sul Ticino.

Una foto mancante nel rullo, un nome non citato, un fatto nascosto non rivelato, un’opinione omessa. Realtà come queste sono costanti, nei giornali ticinesi come in tutti quelli del mondo. Ma nessun controllo democratico, nessuna votazione, nessuna commissione parlamentare, nessun gudice sono possibili. Solo commissioni deontologiche, commissioni etiche, regolamenti interni. La stampa funziona sulla logica del capo e del padrone, sia all’interno, sia all’esterno. Voglio licenziare un giornalista? Parlo col potente e il gioco è fatto. Chi interviene? Nessuno. Men che meno i rivali giornalisti, che altrimenti si taglierebbero le gambe da soli.

Parlano di mercato giornalistico. Da che mondo e mondo il mercato è inefficiente per definizione, e quello Stampa pare ancora più inefficente degli altri. E allora via a inciuciarsi un giornale, un sito, una radio tutti assieme beatamente. Chi paga?

I politici si lamentano di non avere spazio sull’informazione, o di averne meno di altri. Dibattiti sterili, perché cercano di sfondare il muro di gomma del 642-617 dumps
sistema autoreferenziale della Stampa, agnello sacro intoccabile, intangibile, potente.

E le mie parole? Rimbalzeranno pure queste. “Vuole il bavaglio”, grideranno. Il sistema si vendica dell’opinione pubblica imbelle, usandola, sventrandola. Nessuna autocritica possibile. D’altronde non me l’aspetto. È la stampa, bellezza.

F.C. 6.4.2013