La legittimità di un ricorso

In nessuna parte della cosiddetta legge ticinese antiburka effettivamente si parla di vietare il burka. In realtà si vieta di coprirsi il volto, punto. Poi ci sono le eccezioni, fra cui la possibilità di mascherarsi per le manifestazioni religiose e quelle ricreative. Ma non per quelle politiche.

Il risultato: siccome un punto della legge permette di coprirsi il volto per una manifestazione religiosa (art. 4), in sè una donna può andare in giro col burka e dire che va a una manifestazione religiosa! Proprio come ci si può travestire da Batman e dire che si sta andando a un carnevale in febbraio. A meno che non vogliamo sul serio multare chi si traveste da Batman e va in giro per strada così conciato per andare a carnevale senza usare l’auto.

Il problema è che, per contrastare il burka (senza nemmeno riuscirci) questa legge elimina le nostre libertà personali di cittadini normali, laici. Vorrei quindi proporre un ricorso contro questa legge (come pure contro la sua legge gemella sull’ordine pubblico, emanata lo stesso giorno). Mi vengono portate tre obiezioni maggiori alla legittimità di farlo, che contesto.

Obiezione 1: è sbagliato ricorrere perchè il popolo ha già votato e ha detto di sì.

La Svizzera è uno stato federale, questo significa che i cantoni devono sottostare alla Costituzione federale. Se la popolazione di un Cantone non è d’accordo con la Costituzione federale, allora la cosa migliore è che chieda la secessione… o cerchi di cambiare la Costituzione federale. Fino ad allora la Costituzione federale è valida anche in Ticino. Sulle leggi cantonali il Tribunale Federale funziona come tribunale costituzionale. Quindi fare un ricorso è legittimo in quanto cittadino svizzero.

Leggermente diverso sarebbe se la legge fosse stata emanata a livello federale. Ma questo non è, e non sarà, siccome il Consiglio Federale è contrario alle leggi sulla dissimulazione del volto e l’Assemblea Federale ritiene comunque che sia una materia da gestire a livello cantonale. E quindi sottosta al controllo del massimo tribunale svizzero.

Obiezione 2: la corte CEDU ha tutelato la legge francese sulla dissimulazione del volto, da cui la nuova legge ticinese prende spunto.

La sentenza della Corte CEDU è stata fatta dopo che la Corte costituzionale francese ha dato il via libera ad una legge sul divieto della dissimulazione del volto voluta da Sarkozy. Una ragazza mussulmana vi si era opposta.

La Corte CEDU, facendo un’analisi completamente basata sulla libertà religiosa, ha scritto che le Corti costituzionali degli Stati sono libere (a determinate condizioni) di permettere uno spazio di manovra sulla dissimulazione del volto. Da nessuna parte sta scritto che in Svizzera vale la Costituzione francese. Piaccia o no, da noi vale la Costituzione svizzera, che è la più liberale d’Europa. Questo significa che la nostra costituzione può garantire più libertà di quella francese e quindi può limitare il legislatore cantonale.

Dirò di più. La sentenza della Corte CEDU non tocca i motivi per cui vorrei ricorrere io. Io ritengo infatti che la limitazione completa della copertura del volto restringa in modo eccessivo i diritti politici delle persone laiche. Ritengo inoltre che la legge ticinese è sproporzionata e arbitraria perchè per avvallare una paura astratta (quella di donne velate, che in Ticino non ci sono oltre alle ricche turiste) limita i diritti personali di tutti. Oltretutto creando eccezioni assurde, per cui se mi metto cuffia e sciarpa e mi si vedono solo gli occhi non prendo una multa, se mi metto una maschera di plastica dove si vedono solo gli occhi invece sì.

Tutto questo non ha niente a vedere con la religione, per questo metto in dubbio che la giurisprudenza della Corte CEDU sia applicabile alla critica che sollevo io.

Obiezione 3: l’Assemblea Federale ha garantito la norma costituzionale cantonale sulla dissimulazione del volto, che sta alla base di questa legge.

È vero, ed è l’ostacolo più grande al ricorso costituzionale al Tribunale Federale, siccome difficilmente il Tribunale Federale si contrappone all’Assemblea Federale. Ma anche in quel caso le parole del messaggio del Consiglio federale e del dibattito parlamentare vanno lette con attenzione.

Tutti i politici discutono sulla questione della libertà religiosa. Ma, paradossalmente, nessuna delle norme in oggetto dice di voler vietare le espressioni religiose. In realtà si parla solo di coprirsi il volto, punto. Nessuno ha pensato di chiedersi se effettivamente queste norme mettano in pericolo la libertà di tutti i non religiosi.

L’Assemblea Federale ha dato la garanzia federale dicendo che “non è provato che il testo della Costituzione ticinese è incompatibile con la Costituzione federale”. Ebbene, ora penso si possa dire che la legge emanata dal parlamento ticinese, che precisa la norma costituzionale ticinese, è incompatibile con la Costituzione federale proprio perchè lede i diritti politici delle persone.

Io sono ateo e faccio parte di una minoranza politica. Mi sento messo in difficoltà da una legge che a prescindere mette in discussione la possibilità assoluta di coprirmi il volto per esprimere le mie idee. Sia una maschera antigas quando esco per strada con un cartello e protesto contro l’inquinamento, sia una tuta bianca con maschera da sub quando protesto contro le centrali nucleari, sia una maschera da maiale quando protesto contro il grande capitale. Non potrò più farlo, sarò multato se ci provo. Di questo problema non ne ha parlato nessuno, ma (scusate se è poco) sembra ben più grande il problema di un manipolo di ricche turiste con il velo islamico che i nostri diritti.

La legge antiburka che non vieta il burka, ma vieta a noi di esprimere le nostre idee politiche, è espressione di un mondo che ormai fa leggi esclusivamente simboliche. Ma sopratutto è l’espressione dell’incapacità del sistema politico di elaborare soluzioni sociali che garantiscano l’integrazione. Prendiamo inoltre atto che il Partito liberale su questi punti ormai non è più l’avanguardia culturale della nostra società.

Interessante è ora capire se a sinistra sapranno cogliere la sfida.

Filippo Contarini, giurista

pubblicato su tio.ch il 1.12.2015