I fatti della scuola Diaz e l’imprescrittibilità della tortura

La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sui fatti della scuola Diaz al G8 di Genova del 2001 non fa giustizia. C’erano molti ticinesi a Genova in quei giorni, il tema interessa tutti. Ma non è giusto esultare, poiché il tribunale giuridicamente altro non ha fatto che garantire un ulteriore risarcimento al signor Cestaro, che era stato selvaggiamente picchiato dai teppisti di Stato. Di effetti penali invece non ce ne sono.

Soprattutto è inutile esultare perché la Corte ha riconosciuto che alla Diaz lo Stato ha torturato gli occupanti inermi. Lo aveva già sancito la Corte di Cassazione italiana nella sua sentenza, ovvero la più alta autorità giuridica del Paese. La Corte CEDU ha semplicemente confermato quella sentenza. Ha sancito anche lei che i poliziotti e gli alti funzionari italiani, loro mandanti, sono criminali a tutti gli effetti, anche se sono stati prosciolti per intervenuta prescrizione.

È soprattutto un errore esultare dicendo che è arrivato il momento in Italia di inserire il reato di tortura. Di sicuro non è la Corte CEDU a imporre una novella legislativa del genere. Anzi, dirò di più: i proclami di gran parte della Sinistra che sostenevano che la priorità numero per il Paese era inserire questo reato nel Codice penale hanno fatto danno. Non era quella la priorità, anzi! Ma il parlamento ha votato quella nuova norma. E ha distratto tutti.

In Svizzera un ipotetico processo come quello per i fatti della scuola Diaz, con quelle prove evidenti, non sarebbe mai e poi mai finito con il proscioglimento delle autorità. Le pene sarebbero state persino più pesanti di quelle italiane. Tutto questo senza prevedere nel nostro Codice penale un reato di tortura.

Il Codice penale svizzero prevede la punibilità esplicita della tortura esclusivamente nell’ambito dei crimini contro l’umanità, quindi contro intere popolazioni. I fatti della scuola Diaz, sebbene premeditati e volontari, sono invece stati estemporanei. Si tratta di atti di tortura circostanziati a un solo momento, una sola notte, a un gruppo di persone casualmente a Genova per il G8. Ciò non significa però che non esiste punibilità per quegli atti. Si attivano infatti contemporaneamente i reati di vie di fatto, lesioni, coazione, abuso di autorità, minacce, rapimento, persino tentato omicidio per dolo eventuale. Questo in Svizzera come in Italia.

La differenza capitale fra il sistema giuridico italiano e quello svizzero è il periodo di prescrizione. In Svizzera dopo il processo di primo grado la prescrizione si interrompe e non riinizia a scorrere. In Italia invece si interrompe e i termini ricominciano. La fregatura sta in un trabocchetto giuridico per cui in totale la prescrizione non può allungarsi a più di un quarto del termine previsto originariamente. Per fare un esempio: in Italia se la prescrizione di un reato è prevista essere di otto anni, anche se viene interrotta da un processo, in totale non può andare oltre i 10 anni dai fatti (8 + ¼). Quindi se la Cassazione giudica 11 anni dopo, non può che considerare il reato prescritto.

Questa prescrizione farlocca è un macigno insopportabile per la qualità della giustizia di qualsiasi Paese, e infatti nessun luogo civilizzato prevede un sistema di questo tipo. C’è solo in Italia. Un sistema, che ricordiamolo bene, oltre a far naufragare il processo della scuola Diaz ha permesso di far prescrivere i processi a carico di Berlusconi per corruzione.

Si legge ovunque in Italia, sui documenti ufficiali come su quelli giornalistici, che il reato di tortura sarebbe imprescrittibile, e quindi se fosse stato previsto dal Codice penale italiano le bestie della scuola Diaz non l’avrebbero fatta franca. Diciamolo a chiare lettere: l’imprescrittibilità di un reato è una ultima ratio insopportabile per i reati comuni (diversa è la questione dei crimini contro l’umanità). In Svizzera abbiamo vissuto momenti di passione quando si è dovuta votare l’assurda imprescrittibilità per i reati sessuali su fanciulli, purtroppo accettata dal popolo. Nemmeno la tortura dovrebbe essere imprescrittibile. Dovrebbe essere semplicemente trattata come gli altri reati, in un contesto giuridico penale coordinato e coerente. Cosa che in Italia non c’è.

La sentenza CEDU ha subito vissuto un momento di pericolosissima mediatizzazione, oltretutto come detto portata sul campo politico sbagliato. Invece di parlare di prescrizione hanno parlato tutti di tortura.

Risultato: il parlamento ha votato per l’inserimento del reato di tortura imponendo pene pesantissime (considerando la mitezza italiana nelle pene per gli altri reati) e l’iscrizione della tortura fra i reati che godono di una prescrizione eccezionale, raddoppiata rispetto al normale. Forcaioli e antisistemici insomma, il tutto perché il sistema penale è di per sé ingestibile, in una strana alchimia giudiziaria tutta italica. Lo ribadisco: altrove la “macelleria messicana” della scuola Diaz avrebbe visto i poliziotti e i loro mandanti dietro le sbarre. Anche senza il reato di tortura.

Come al solito si va avanti a eccezioni su eccezioni. E si usa la distrazione di massa come strumento per mantenere sistemi giuridici abominevoli, chiaramente molto comodi per alcuni potenti che hanno i mezzi per trascinare i processi all’infinito.

 Filippo Contarini, giurista

Opinione pubblicata sul CdT del 2 maggio 2015. Nell’articolo originale c’era un’inesattezza riguardante il processo Eternit che qui ho eliminato. Ringrazio il Prof. Kilias per avermelo fatto notare.