Grillo, Raggi e il Ticino. Insegnamenti per noi? (2a parte)

Da noi un leader istrionico che voleva creare la nuova politica liquida à la Beppe Grillo c’è stato, era Sergio Savoia. Lasciamo stare che ora è tornato da mamma Stato, e guardiamo bene la sua parabola: possiamo riconoscere le fasi grilline dell’ambientalismo e poi la chiusura sulla sovranità nazionale. Ma una grande, gigantesca differenza gli ha inevitabilmente giocato contro, chi gli ha dato retta quando stava ai Verdi ha sbagliato strategicamente, ovvero l’analisi della sua storia personale.

Savoia è stato il politico under 35 che ha preso più voti nella storia del PS in Ticino. A differenza di Grillo, che era considerato epurato dal sistema politico, Savoia c’era dentro alla grande. E se ne andò lui da solo, sbattendo la porta. Questa sua mancanza di “verginità” ha fatto sì che le istanze socialiste che prima lo seguivano non volessero avere più niente a che fare con lui, si sono probabilmente sentiti tutti traditi. Non solo, per fare la sua operazione ha parassitato un altro partito invece di farne uno nuovo, massacrando ottime teste come la buona Gysin. Gli è mancato quindi quel sostrato di sinistra iniziale che gli avrebbe garantito poi un certo spazio politico per fare la virata conservatrice senza perdere consenso. Risultato 1: ha cercato di fare il nuovo rubando i voti ai leghisti, che col piffero hanno accettato di stare al gioco! Risultato 2: ora cosa sta facendo Zali? Si piglia i voti di sinistra facendo leva sull’ambientalismo e poi i voti leghisti facendo leva sulla sovranità. Zali è il nuovo Savoia. Arriverà dove è arrivato Grillo?

Torniamo al Savoia del grande consenso nel PS. Un consenso che probabilmente mal si inseriva nelle logiche della continuità. Per anni non abbiamo assistito a sinistra a una forza elettorale dirompente come la sua, ma quelle istanze di cambiamento che verosimilmente si esprimevano in Savoia ora le ha prese Ducry nelle ultime votazioni cantonali. Lo dico speculando, ma qualcosa bisogna cominciare a dire su questa situazione: il segnale sullo stato di salute del partito è infatti chiaro quando il più votato dai socialisti nel Partito Socialista non è iscritto al Partito Socialista. È, a mio vedere, la certificazione che i compagni elettori chiedono un cambiamento, nelle reti della legittimazione. Anche il voto a Amalia Mirante entra in questa logica: con la sua freschezza comunicativa viene amata dalla gente, ma paradossalmente è contemporaneamente detestata da svariate istanze del PS.

Con rete della legittimazione intendo dire quelle composizioni comunicative che sostengono il consenso grazie alla storia delle persone e agli appoggi incrociati. I politici socialisti ticinesi sono tendenzialmente eterni, in genere legati ad altri politici socialisti altrettanto eterni, spesso si tratta di poche famiglie che dominano le reti. I giovani emergenti sono in genere votati se riescono a far intravvedere dietro di loro questa rete di legittimazione dell’eternità.

L’analisi politica che abbiamo fatto sull’Italia qua sopra non si può applicare al Ticino. I motivi sono almeno due: da noi non c’è stato il Berlusconismo e nemmeno c’è il sistema maggioritario. Abbiamo però anche noi una grande crisi della politica di sinistra, siccome dal 2003 ad oggi abbiamo polverizzato una caterva di voti. Gente che non vota più. In questo la similitudine con l’Italia c’è. Ho fatto parte di tre commissioni Cerca a livello cantonale e ho visto questa crisi anche in una sua seconda espressione: c’è il terrore delle teste forti a candidarsi, e negli ultimi anni abbiamo perso molti politici di peso a sinistra.

Ma la grande differenza fra la politica italiana e quella ticinese è che, checchè ne dicano alcuni, il PS è ancora un partito di vera sinistra. Con le anime, certo. Dentro ci sono compagni che si rifanno a Valls e compagni che si rifanno a Tsipras, certo. Ma il partito è spazioso e comunque pesantemente minoritario nei parlamenti, quindi c’è anche possibilità per tutti di giocare. A fronte di questo cosa ci chiede la gente? Secondo me ci sta chiedendo di superare sul serio il muro di Berlino e tutto quello che abbia a che fare con una politica che abbia vissuto quel periodo. Molti non si accorgono che c’è uno scontro generazionale che la sinistra sta osservando immobile. La manna degli anni ’70 e ’80 non c’è più, ma tanti socialisti di ieri ancora oggi sono tranquilli perché su quel periodo di ricchezza e pace sociale hanno creato le condizioni di soddisfazione del ceto medio. Socialisti di ieri che ascoltano altri socialisti di ieri, di entrambi gli schieramenti storici. Divenuti proprietari di case e terreni che hanno aumentato il loro valore, sono impauriti dalla globalizzazione, vivono nel ricordo del lavoro sicuro, non hanno voglia di lottare, se lottano lo fanno contro “i metodi della Lega” e solo raramente contro i contenuti. Tendono a rifiutare le analisi sociali stringenti e si rifugiano nel “noi facevamo un’altra politica”, “noi studiavamo”.

La rete di eternità di cui sopra si mostra bene nei risultati delle ultime elezioni cantonali! Pochissimi ricambi, e se ci sono appartengono ai trenini dell’eternità che li favoriscono, le eccezioni sono pochissime. I “self made politician” hanno vita dura, durissima. Io penso che i giovani adulti di oggi non si riconoscano in tutto questo. E il fatto che i due che tirano voti (Ducry e Mirante) non sono inclusi nelle reti della legittimazione deve segnalare che il sistema interno gira su perni ormai rovinati. Stiamo attenti: io penso che se non si cambiano queste reti della legittimazione si rischia di consegnare una caterva di voti a Zali.

Ora permettetemi di personalizzare un pochino la questione. Mi annoiano quegli opinionisti politici che parlano sempre come se loro non facessero mai niente, e poi li si scopre che trafficano dietro le quinte come dei piccoli Mazzarino. Io cerco sempre di essere trasparente, si chiama massima weberiana.

Sono lontano dal Ticino e ho deciso che non vorrò più avere posti elettorali né dirigenziali in un partito, semplicemente faccio un altro tipo di attivismo: alcuni lo chiamano opinionismo. Esprimo la mia visione delle cose come proposta di discussione, da militante della base. E vi dico che il primo problema che vedo quando sento la sinistra in Ticino è che prevale spesso l’ottica poltronista. Spesso non c’è disciplina, ma arrivismo. Sono molto più compatti e disciplinati i ragazzi dei centri sociali, accidenti. E su questo i grillini in Italia hanno tanto da insegnare. Penso che ora bisogni ricominciare a ragionare in termini di creazione di società. Un momento pessimo da noi sono ad esempio le elezioni. Sembrano piccoli avvenimenti di guerra interna, invece di essere “gioiose macchine da guerra” come voleva Occhetto. Io personalmente le ultime le ho vissute così: ho sostenuto le donne, ho proposto e sostenuto Mirante come candidata al Consiglio di Stato, ma ho sempre detto che l’obiettivo non poteva e non doveva essere battere Bertoli. Eppure è stata avversata in modi indecenti, da allontanare chiunque dal partito. Ho creato su decisa volontà e con l’aiuto del partito la lista internazionale del PS, cercando di avere più donne, sempre consapevole che non bisognava scalzare nessuno in Ticino, erano candidature di servizio. Ho sostenuto con vigore la Zanini a Lugano, ben sapendo tutti che apprezzo molto anche Ducry. Ma ho sempre detto che l’obiettivo non poteva essere scalzare la Zanini dal seggio, ma raddoppiarlo.

Io penso che l’obiettivo per un socialista debba essere anzitutto far passare un messaggio nuovo, diverso. Dal punto di vista formale: non si lotta per la poltrona, ma si lotta per la causa. Non cambia niente se salgo io o sale qualcun altro, l’importante è che salga un socialista! Basta con i musi lunghi di chi perde alle elezioni. Il “posto al governo”, come anche quello in parlamento, deve essere vissuto come un sacrificio in nome della causa, e non come un premio a cui ambire. I nostri eletti non sono uno, sono tutti noi. Loro così si devono sentire, e noi così dobbiamo viverli. E se non si sentono così, li si faccia scendere in assemblea, lo si dica apertamente, ma non alle elezioni.

Dal punto di vista dei contenuti la linea è quella di sempre: la democratizzazione dell’economia. Perché, ce lo si ricordi sempre, noi siamo la spina nel fianco del potere, siamo i controlli, siamo la voce delle istanze popolari. Altro che leghisti! E quindi se il socialismo ticinese vuole ottenere qualcosa, deve anzitutto smetterla con queste faide interne allucinate per le poltrone, per il microfono, per la televisione, per le interviste. Basta con le delusioni elettorali personali. Bisogna criticare il potere e il denaro, evidenziare i conflitti, sputtanare le contraddizioni.

Sono convinto che sia ora di darsi una scrollata e vivere la politica in un altro modo e che questo vada fatto anzitutto nelle sezioni. Indipendentizzarsi dalle reti della legittimazione, rifiutare i discorsi del pre-muro di Berlino. I grillini se ne fregano delle famiglie. E noi? Noi dobbiamo lavorare sulla sezione come luogo dell’attacco e della difesa in gruppo. Se non siamo completamente consapevoli di avere una sezione dietro di noi avremo sempre paura di mettere fuori la testa. Non c’è militanza senza compattezza. Una parola d’ordine potrebbe essere: “nessuna competizione compagni!”.

E quindi smetterla di fare la guerra a chi ha il consenso interno, ma usare quel consenso per tirare su i numeri. Ribadisco: il problema della sinistra in Italia è che manca una sinistra da votare. Noi ce l’abbiamo, e non abbiamo bisogno di rottamatori. Abbiamo bisogno però di allentare, liquefare, le reti della legittimazione e smettere di essere arroccati. Se fossimo tutti più generosi probabilmente avremmo tutti tanto più consenso.

2. fine

Filippo Contarini

Pubblicato su gas.social il 24 giugno 2016