Conferenza sull’Europa

Oggi ho avuto l’opportunità di esprimermi davanti alla conferenza cantonale del Partito Socialista Ticinese per sostenere la linea europeista del Partito Socialista Svizzero, in particolare per tutelarla dai tentativi di relativizzarla da parte della direzione nazionale. Il Programma Nazionale è chiaro, e io chiedevo semplicemente di affermare da che parte vogliamo stare. Con la direzione nazionale o con il programma?

Qua la risoluzione con cui ho chiesto venisse convocata la conferenza cantonale

Qua la proposta definitiva della Direzione ticinese sulla risoluzione (presto disponibile)

Qua il servizio di TeleTicino

Qua il servizio della RSI

Qua il resoconto de laRegione

Qua il resoconto del CdT

E infine qua sotto il testo “letto” alla conferenza cantonale a sostegno della linea europeista.

Chères et chers Camarades,

la France est de nouveau socialiste!

Permettermi questa piccola dedica all’europeista François Hollande, perché in tutte le turbolenze che il nostro continente sta vivendo finalmente si comincia a vedere una luce. Ebbene sì, la Francia è finalmente socialista e finalmente l’Europa potrà ricominciare a ragionare e sostenere l’economia reale, produttiva. L’11 aprile  scorso il professor Sergio Rossi ha ben esposto la via che i socialisti europei dovranno seguire: aumentare l’obiettivo inflazionistico, armonizzare le politiche fiscali europee, emettere euro-bond, imporre la tobin-tax, aumentare i salari e disincentivare la delocalizzazione.

La cosa interessante, o meglio triste, è che noi svizzeri in ciascuna di queste importanti decisioni politiche continentali non avremo un bel niente da dire. Ancora più allarmante è però che qualsiasi decisione l’Europa prenda, noi ne saremo succubi.

Il Partito socialista su questa condizione è sempre stato chiaro, oggi però la direzione nazionale ha voluto sfumare l’impostazione del programma. Vorrei quindi in breve discutere della situazione attuale e quindi della proposta politica da sottoporvi.

I fatti:

La Svizzera già applica autonomamente le direttive europee prima ancora che gli Stati europei lo facciano (ma si faccia attenzione, chiaramente non le direttive per i consumatori, ad esempio, non sia mai che si aumenti la giustizia sociale in Svizzera!) e ha deciso di legare il franco all’Euro, quasi rinunciando alla sua sovranità monetaria. È come se avessimo le leggi europee e la moneta europea, in pratica siamo una della nazioni più europee al mondo senza essere dentro l’Europa.

Il perché si può capire da alcuni dati:

  1. Il 97,4% del confine della Svizzera è con l’Unione Europea.
  2. Nel 2010 l’export verso l’UE è stato del 59%, l’import dall’UE del 79%
  3. Le aziende dei paesi UE investivano in Svizzera 428 milioni di franchi, ovverol’84% di tutti gli investimenti esteri.
  4. 1’100’000 persone dell’UE lavoravano in Svizzera e 415’000 svizzeri lavoravano nell’UE.
  5. La Svizzera non ha materie prime energetiche né ampi spazi per le rinnovabili.
  6. Il Franco Svizzero e bloccato sul cambio con l’Euro

Questi sono fatti, ci indicano che la Svizzera dipende sia energeticamente dall’estero, quindi dagli accessi dall’UE, sia economicamente dagli scambi con l’UE, in assoluto il suo primo partner commerciale e di riferimento.

È però chiaro, palese, disarmante, che la popolazione ancora sembra non volere l’Europa. Purtroppo la popolazione ticinese non vuole compartecipare alle decisioni prese in Europa, cercando un isolamento dorato che però vacilla sempre più.

Gli slogan li conosciamo:

–     No ai frontalieri (ma intanto proprio il padronato anti-europeista li assume, sottopagandoli)

–    No alle aziende che non portano plusvalore e lavoro ai ticinesi (ma chi ha cambaito i piani regolatori per far insediare queste aziende, pensando solo agli intoriti fiscali?).

–     No alla cosiddetta sostituzione dei lavoratori frontalieri sui lavoratori svizzeri (ma vari studi dicono che non è provata)

–    No alle misure d’accompagnamento (ma tutti sanno che è l’unica strada sociale percorribile!)

L’analisi politica:

A fronte di questa confusione oggi vi chiedo, compagne e compagni, di portare più chiarezza nell’impostazione che vogliamo avere come socialisti verso l’Unione Europea. Il nostro programma nazionale, votato solo un anno e mezzo fa, dice chiaramente che la Svizzera deve iniziare le trattative per entrare a farne parte. SI noti bene, senza dire se vogliamo l’euro o no, senza dire se bisognerà mettere delle riserve. Insomma, si cominci a discutere.

I trattati bilaterali in particolare sono un sistema che non può più bastarci e che non è bastato al congresso. Non solo perché l’Europa ha chiaramente detto attraverso il suo ambasciatore che non ha interesse a continuare ad averli così. Ma anche perché somigliano sempre di più a un velo pudico che non fa altro che mettere in difficoltà l’internazionalismo, vero fine ultimo di ogni azione politica che voglia veramente dirsi di sinistra. Da un lato siamo succubi della potenza dell’Unione che ci attornia, una comunità di 500 milioni di abitanti che cerca prosperità per tutto il continente, dall’altro siamo impossibilitati a partecipare alle discussioni di politica europea che proprio un partito come il nostro dovrebbe sempre pretendere nella sua identità, cercando contatti e unioni di intenti per rafforzare il socialismo e il sindacalismo internazionale.

Il nostro compito, compagne e compagni, è abbattere le frontiere che non fanno altro che mettere i lavoratori gli uni contro gli altri, non mantenerle! Mi si opporrà che la gestione della crisi del debito non sta proponendo coesione sociale, ma questo è tipico di qualsiasi entità politica: a dipendenza delle sue maggioranze ha una visione diversa della politica economica da perseguire.

È vero, l’UE qua si è dimostrata più debole del previsto, in particolare appiattendosi a una politica del rigore tedesca. Facciamo però una considerazione scomoda: il funzionamento dell’Europa non è dissimile da quello che già conosciamo in Svizzera. Anzi, la Svizzera è lo Stato più liberista del mondo e sta dando bastonante su bastonate alla disoccupazione, alle pensioni, alla cassa malati. Inoltre la Svizzera, a parità di potere d’acquisto standard è uno degli Stati dell’Europa occidentale con la più alta differenza tra redditi alti e redditi bassi.

È chiaro, come cittadini ticinesi siamo confrontati ad una lotta con i datori di lavoro che speculano sulla pelle dei lavoratori indigeni e frontalieri. Un lotta difficile soprattutto in un territorio dove vige la libertà di spostarsi. Ma ricordatevi una cosa: il Ticino ha permesso per decenni che i liberali dettassero la linea economica da seguire, chiaramente a corto termine, mungendo le grasse vacche sottoforma di conti bancari degli evasori fiscali italiani. Fregandosene della progettualità e dei lavoratori. E la presenza della lega in governo non fa che garantire questa continuità.

Il Partito socialista deve essere un partito responsabile e pensare alla Svizzera tutta con un occhio internazionalista. Se il Ticino incorre in problemi a causa di riforme nazionali e internazionali, allora bisogna discuterne e trovare riforme perequative nel rispetto del bene comune. Non si può semplicemente fare ostracismo. I risultati dell’ostracismo li abbiamo visti: a causa del nostro atteggiamento provinciale di tipico stampo leghista a Berna sembra che valiamo quanto il 2 di picche.

La proposta politica:

Come ho detto all’inizio il PSS è sempre stato filo-europeista e lo ha confermato con una decisione chiara a netta maggioranza nell’importante congresso nazionale di Losanna del 2010. Ribadendo che la soluzione dei bilaterali va abbandonata. Alcuni esponenti socialisti ticinesi prima, il presidente nazionale poi, hanno però relativizzato questa decisione congressuale, posizionandosi su una linea attendista.

Il congresso, la base, era però consapevole delle carenze democratiche dell’UE, era consapevole del ruolo della Germania, era consapevole del lavoro che bisogna fare per mettere l’UE sui giusti binari della giustizia fiscale e sociale e della democrazia. Cionondimento ha voluto l’Europa. Compagne e compagne, per me essere socialisti significa essere politicamente realisti. Per me significa essere proattivi e impegnarsi perché la popolazione capisca i messaggi politici anche quando il populismo rema contro. Per me il nostro programma nazionale sull’Europa è lungimirante e chiaro. La politica attendista dei bilaterali non può bastare, non dà la giusta prospettiva politica.

Il congresso nazionale deve quindi imporre alla direzione nazionale di attenersi a ciò che dice il programma nazionale, ovvero trattative per stare con l’Unione. E secondo me noi dobbiamo chiedere al congresso di muoversi in tal senso.

Compagne e compagni, se oggi il problema dell’Europa è la democrazia e il rapporto con la Germania, ricordatevi che pure i tedeschi alcune domande se le pongono. Ricordatevi l’articolo 2 del Trattato di Lisbona che vuole un’Unione che promuova la coesione e la solidarietà. Ricordatevi che l’Europa nasce sulla ricerca di pace dopo la guerra. Ricordatevi soprattutto che l’UE è un involucro che va riempito con contenuti politici, e siamo noi stessi socialisti che dobbiamo lottare in tutta Europa per far vincere il socialismo, e abbiamo dimostrato, qui a Bellinzona come nell’intera Francia, che il socialismo può vincere!

Merci a tous, chers camarades.