I salari di chi ha molto e quelli degli altri

Che Fulvio Pel­li sia un politico intelligente e di pe­so è indubbio. Che il suo articolo pub­blicato nella ru­brica «L’opinione» sul «Corriere del Ticino» lo scorso 29 aprile sia un esempio di retori­ca sbagliata è purtroppo altrettanto vero.

Pelli ci rende attenti che i dati spul­ciati dall’USS e per cui i sindacati hanno indetto una conferenza stam­pa dovrebbero essere letti in altro mo­do. Ci fa notare che i salari più bassi sono cresciuti del 7% (senza dire che si tratta di qualche centinaio di fran­chi), mentre quelli medi del 4% (in termini assoluti quanto quelli più bas­si, ovvero qualche centinaio di fran­chi). Senza darvi risalto, ci indica pu­re che quelli alti (10% della popola­zione) sono cresciuti del 18%. Anche qua non indica di quanto si tratti, ma è evidente che sono migliaia di fran­chi in più. Non contento fa quindi una filippica sui socialisti e sostiene che l’unica via sostenibile per non far più stare al palo la «classe media» è la ri­duzione delle imposte e dei premi di cassa malati.

Il gioco di Pelli è un classico: indican­do la luna ci fa osservare il dito. Ci mostra infatti l’orribile possibilità che chi ha salari bassi raggiunga la «clas­se media», dando la colpa di ciò alla mano statale. Essa sarebbe rea di es­sere spendacciona e ingiusta. Notia­mo bene come Pelli anche qua faccia una vistosa omissione, ovvero non ri­cordi che esiste il principio dell’effet­to soglia. Il fatto che i poveri possano avere qualche centinaio di franchi in più a fine mese, un incremento di red­dito in termini assoluti simile a chi sta meno peggio di loro, sembra dar­gli proprio fastidio. La retorica del­l’omettere è però distante dalla real­tà, che si manifesta nei freddi nume­ri e nella sua più dura brutalità: in un momento produttivo fragile, con le assunzioni bloccate e viepiù perso­ne che da disoccupate diventano inoc­cupate ed escono dalle statistiche, chi ha già tutto guadagna il 350% in più rispetto alla «classe media» in base relativa. Cifra che in base assoluta lie­vita ancora, arriva a ben più del 1.000%. Insomma il 10% della popo­lazione attiva (ricordiamolo) già am­piamente privilegiata, si riempie la pancia sulla pelle del restante 90% di lavoratori, con un aumento di reddi­to di migliaia e migliaia di franchi.
La cosa orribile di tutto ciò è che Pel­li ed i liberali, invece di mostrare la catastrofe ed il furto sociale (ebbene sì, furto, perché il 10% ricco della po­polazione non si è messo di sicuro im­provvisamente a lavorare il 350% del tempo in più dei comuni mortali) che si para loro davanti, fanno i morali­sti. Sento già da lontano la frase giu­stificatoria: «È il mercato, bellezza».

A fronte di questa vera tragedia so­ciale (ovvero il distacco totale dell’evo­luzione dei salari dalla realtà dell’im­piego, del sudore, dell’impegno di tut­ti) Pelli è poco propositivo e molto di­struttivo. Dobbiamo invece chiederci: questa enorme fortuna economica che ha baciato il 10% dei nostri concitta­dini poteva essere ripartita fra tutti coloro che si sono impegnati sul po­sto lavoro? Poteva aiutare la famosa «classe media»? Sicuramente sì, ma il tipo d’impostazione economica attua­le, ricordo creato proprio dai libera­li, non permette che ciò accada.

È quindi necessario che la politica proponga altro rispetto a Pelli, fra cui di sicuro in primis un sistema nuovo di gestione dei salari e dei dividendi. È infatti assolutamente necessario evi­tare che il 10% ricco della popolazio­ne decida, in autonomia e con vera prepotenza economica, di alzarsi ar­bitrariamente del 18% i propri red­diti.

È triste vedere che il presidente di un partito che ha due consiglieri federa­li non si renda conto che seminare ziz­zania sociale è profondamente peri­coloso. Ma ancora più triste è vedere il suo distacco dalla realtà, dove sa­pere che il 10% ricco della popolazio­ne ha un aumento di salario a pari­tà di impegno profuso del 350% in più rispetto a tutti gli altri (per lui) non fa nemmeno più notizia.

Filippo Contarini, giurista, Porza
Corriere del Ticino, 12 maggio 2011