Ricorrere contro la legge anti burka

Cercherò di fare ricorso contro la legge antiburka a livello federale. Il controllo di costituzionalità avrebbe una doppia valenza. Sarebbe anzitutto un ricorso politico, oltre che giuridico. Sarebbe quindi un ricorso educativo, ovvero mi piacerebbe che un gruppo di giovani mi aiuti a creare questo documento. Costituirebbe un atto civico: dimostrare la forza della libertà senza i mezzi economici (bisogna anticipare 2’000 franchi) e senza le forze dei grandi studi legali.

Ci sono almeno tre motivi legati alla nostra convivenza civile che impongono una riflessione approfondita su questa nuova legge. Li enumero e poi li elaboro.

Il primo: la legge lede la libertà personale. Vieta di principio di girare col volto coperto, in particolare elimina a prescindere la possibilità di esprimersi a volto coperto (e Anonymous?). Secondo: la legge è sproporzionata. Crea una regola partendo dall’elenco delle sue eccezioni. Terzo: la legge è arbitraria. Per vietare il burka, ma non scrivendolo per opportunità politiche (nonostante sia detto però in pubblico e in televisione), colpisce la società tutta.

  1. La libertà politica personale. La nostra epoca vive un’espansione incredibile dei poteri di controllo della polizia sui cittadini, spinta da un circo mediatico che crea sempre più paura. Basta poco, una scusa, un velo islamico (che in Ticino nessuno porta tranne le turiste), per inchiodare la libertà di tutta la società. La nuova legge infatti vieta il semplice girare con la maschera di Fawkes (quella col sorriso e i baffi alla francese). Vieta di mettersi una maschera antigas per manifestare contro l’inquinamento. Vieta di corprirsi con cuffia e sciarpa alle manifestazioni politiche, con buona pace dei partiti reazionari. Vieta di coprirsi il volto se non vogliamo essere registrati da telecamere di sicurezza che spiano i cittadini (anche quelle private che controllano il suolo pubblico, come davanti alle banche). Vieta di traverstirsi ed andare a una festa privata, camminando liberamente per strada così conciati. La libertà una volta significava potersi fare i fatti propri. Oggi invece la libertà è il dovere di permettere agli altri di farsi i fatti tuoi. Sia questo su facebook, sia questo per strada. La questione è identica al referendum della GiSo contro i servizi informativi: lo chiamano Stato ficcanaso, nulla cambia qua, ce ne si renda conto!
  1. Le eccezioni. Quando si creano regole attraverso liste chilometriche di eccezioni c’è un rischio costante di dimenticarsi qualcosa. La cosa bella dell’essere umano è che è imprevedibile. Nel diritto in realtà succede sempre: nessuno riesce a creare una legge onnicomprensiva. La Storia ha dimostrato che non esistono leggi senza lacune, perchè la nostra lingua non è un oggetto finito e compatto. Per questo la legge è assolutamente sproporzionata. Facciamo un esempio banale di cosa è stato dimenticato: cosa succede se mi travesto da cima a fondo nel periodo di carnevale, voglio camminare per strada travestito, ma non voglio andare a una manifestazione di carnevale? La legge parla di manifestazioni, non di periodi. O come detto prima, che succede se voglio corprirmi il volto a una manifestazione politica perchè ad esempio non voglio farmi riprendere dai giornalisti della televisione? Sappiamo infatti che non tutti si sentono liberi di esporre il loro volto (perchè p.e. lavorano in banca, ma non voglion far sapere di essere molto di sinistra sennò verrebero licenziati), ma vogliono aiutare a far numero. Tutti condannati, anche se non fanno violenze, solo perchè non vogliono essere schedati.
  1. Il velo. È infine assolutamente arbitrario aver creato una legge con uno scopo ben preciso (il divieto del burka), ma non averlo scritto nella stessa legge. Non me lo invento: Ghiringhelli, ma anche tanti parlamentari, hanno sempre pubblicamente detto che l’oggetto del contendere era il burka. E così anche i giornali hanno discusso la notizia: è la legge antiburka. Sinceramente a me della difesa del burka non me ne frega niente. Il problema è che per contrastarlo, invece di usare sistemi di amministrazione pubblica soft (in particolare di gestione dell’integrazione), e invece di creare una legge palesemente antiburka (è chiaro, anche loro sanno che sarebbe stata anticostituzionale!!), i parlamentari hanno deciso di usare la via della legge camuffata mettendo in crisi il nostro sistema liberale intero. Viene quasi da dirsi: non bisognerebbe prima di tutto vietare il velo a questa legge, e condannare i nostri parlamentari per averla velata?

La nuova legge ticinese sostiene che la dissimulazione del volto è vietata per preservare le condizioni fondamentali del vivere assieme. Non è quindi una legge creata per aumentare la sicurezza (e nemmeno potrebbe esserlo, viste tutte le eccezioni inscritte). Ma sono parole assurde, perchè sono proprio la democrazia e lo Stato laico a permettere queste condizioni. Democrazia che con questa legge velata è messa sotto tensione.

L’assemblea federale ha scritto che ha dato la garanzia alla nostra nuova norma sulla dissimulazione del volto perchè non è esclusa in linea di principio un’interpretazione conforme al diritto federale. Ebbene mi sembra che allo stato attuale per la nostra libera democrazia di cittadini liberi, questa legge non interpreta il diritto federale in modo liberale. Mette in discussione 150 anni di storia di libertà individuali, che proprio i nostri Franscini, Battaglini e poi Manzoni contribuirono a creare.

Sono lontano fisicamente dal Ticino, ma come suo cittadino vorrei perlomeno che un massimo tribunale svizzero ci dica: sì, la storia giuridica svizzera sta cambiando. Stiamo uscendo dall’epoca liberale. Ma state attenti: ne usciamo, senza sapere dove vogliamo andare.

I progetti politici non si costruiscono con la paura, quelli giuridici men che meno, rendiamocene conto.

Filippo Contarini, giurista

pubblicato su www.ticinotoday.ch il 30.11.2015