No, stavolta non ci sto!

In questi giorni in Ticino sta succedendo qualcosa di incredibile. A gennaio Nenad Stojanovic, vicepresidente del PS Ticino, ha querelato gli editori del Mattino, ovvero responsabili della Lega dei ticinesi, per delitti contro l’onore e discriminazione razziale. Il procuratore pubblico competente ha deciso di non dare seguito alla querela, affermando tra le altre cose che che la discriminazione razziale non sarebbe data, visto che non si tratterebbe in casu di messaggi tali da di­pingere un gruppo di persone come inferiori e pertanto prive di dignità umana. La lesione dell’onore invece cadrebbe a causa della notorietà dei modi forti impiegati dai leghisti per esporre e sostenere le proprie idee, insomma un lettore medio potrebbe legittimamente trarre la conclusione che quelle dichiarazioni non vanno recepite alla lettera, indi non ledono l’onore.

La differente linea politica che perseguo rispetto a Stojanovic non mi può trattenere dal dire che è una delle persone più brillanti che la politica ha a disposizione in Ticino. È un valente scienziato, un fine conoscitore della Svizzera e una persona conosciuta e apprezzata nel tessuto sociale ticinese.

Che la politica sia il luogo dello sberleffo e delle parole forti non sarò certo io a negarlo. Qua ci troviamo però di fronte a altro, viste le frasi usate dalla famiglia al potere alla Lega: lo ha definito un “balcanico rigommato”, lo ha invitato a “tornare a casa sua, a Sarajevo”, solo per citarne due. Tutti insulti ribaditi a spron battente non appena è stata pubblicata la decisione del “non luogo”, il che fa diventare la problematica non solo giuridica, ma anche culturale.

Che nei blog di tio.ch, così come nelle osterie, si usino questi epiteti è purtroppo inevitabile. Che però i responsabili di un partito politico usino pubblicamente questi epiteti nei confronti di una persona eletta a furor di popolo nel Gran Consiglio ticinese ci lascia veramente basiti. Non solo l’insulto personale (l’aggettivo rigommato è vomitevole, acccosta l’essere umano a un oggetto e tocca i diritti di una persona che ha adempiuto le regole di legge, volute democraticamente da noi svizzeri, che sono oltretutto le più rigide d’Europa). Qua viene insultata anche la gente ticinese che ha deciso di dare la sua fiducia a un suo concittadino.

Odio criticare le sentenze, in particolare quelle che intervengono sulla politica. Il procuratore Respini si è infatti trovato davanti a un compito ingrato, di quelli che rischiano di mettere in crisi l’intero sistema. È sempre estremamente complicato pretendere che una persona eletta dal parlamento non si lasci influenzare in una causa proposta fra parlamentari o capi di partito, in particolare temendo le conseguenze delle sue decisioni.È difficile mettersi nei suoi panni di fronte a decisioni del genere, le sue considerazioni mi paiono però fumose, soprattutto perchè mal si conciliano con una considerazione di fondo presa dal legislatore supremo, quello federale, per cui chi è naturalizzato diventa Svizzero a tutti gli effetti, anche nella sua dignità. Ma soprattutto le sue considerazioni danno ai Bignasca, i capi del partito di maggioranza, una licenza d’insultare. Non è satira, signori, quella della Lega, editrice del Mattino attaverso il suo presidente a vita, è lotta politica per ottenere cadreghini! E la Lega ha evidentemente più diritti degli altri, in questo cantone.

Adesso staremo a vedere cosa dirà la Corte dei reclami penali di fronte al ricorso contro il “non luogo” di Respini. Siamo consapevoli che purtroppo la distinzione tra politica e diritto (in tutti i paesi del mondo, in Italia come in Svizzera, nonostante le differenze sistemiche) farà sempre il gioco del politico teppista. In particolare sento già le urla se si dovesse andare fino al tribunale federale: “balivi!”, sbiascicato da chi ha tutto l’interesse a farsi tutelare davanti a Mon Repos in altre cause che probabilmente gli convengono di più.

Qua sotto pubblico un azzeccatissimo intervento sul’argomento, pubblicato da Sergio Roic sull’ultimo “Caffé” di domenica 27 maggio 2012.

La politica degli autoctoni

Credevamo di averle viste tutte, ma questa della “politica degli autoctoni” è una nuova e inedita interpretazione della gestione della cosa pubblica, almeno di quella ticinese. Un’infelice frase del Procuratore Pubblico Nicola Respini che, salvo smentite, in risposta a una vertenza tra Nenad Stojanovic e la Lega dei Ticinesi commenta così l’ennesimo invito di tornarsene a casa rivolto a un avversario politico della Lega – “quello che traspare in senso lato è chiaramente il fatto che sia Bignasca che il uso movimento non accettano critiche e/o insegnamenti da persone, in particolare politici, che non siano autoctone” – fa riflettere, e riflettere intensamente.

Prima di tutto fa riflettere su chi si può fregiare dell’appellativo “autoctono” e chi no: il “nato e cresciuto in Ticino”, “il ticinese da X o più generazioni”, il “ticinese al 100%, al 70%, al 50%”?, dato che appare ovvio che “uno Stojanovic qualsiasi”, possessore del passaporto svizzero e di tutti i diritti civili che ne conseguono, di politica (ticinese) non dovrebbe occuparsi.

In secondo luogo fa riflettere su ciò che si intuisce che sarebbe questa “politica degli autoctoni per gli autoctoni”, che è poi quella della Lega. Se persino il Presidente a vita della Lega, Giuliano Bignasca, insiste pubblicamente sul fatto che ben 9 punti su 10 del programma leghista non sono stati conseguiti, siamo messi proprio bene.

In terzo luogo, e questa è forse la questione più importante su cui riflettere, ci si può chiedere come è possibile oggi e qui, nel secolo ventunesimo e in un territorio come quello ticinese posto esattamente al centro di grandi direttrici ma anche di notevoli interessi di vario genere, proporre una “politica degli autoctoni per gli autoctoni” quando ben sappiamo, per esempio, che il Presidente in carica degli USA è di origini kenyane, quello uscente francese di origini ungheresi, mentre la cancelliera tedesca proviene da una parte della Germania che è appena stata assorbita da quella che fu la Bundesrepublik e che si sta tuttora adattando al trend economico e socio-politico del resto del Paese?

Per nostra fortuna, siamo ancora in tempo a renderci conto tutti quanti – cosmopoliti, regionalisti, conservatori e progressisti – che al nostro bel Ticino il futuro può riservare benissimo il ruolo di un “nodo di rete” nella grande ragnatela globale. Nodo di rete conosciuto e riconosciuto per la sua qualità di vita, le bellezze naturali, la polivalenza linguistica e, anche, l’offerta in campo finanziario purché quest’offerta sia al passo coi tempi (ma il mercato finanziario dei 250 milioni di italici nel mondo non interessa proprio a nessuno?).

Altro che la politica degli autoctoni…