Nuovi aerei: chi ha paura del popolo?
«Considerando che nel sistema politico svizzero non solo il Parlamento e il Governo, ma anche il popolo prende decisioni sulla politica militare e di sicurezza, gli sforzi verso un consenso va cercato ovunque sia possibile. La base dovrebbe essere una soluzione fattibile, che deve essere approvata da una maggioranza della popolazione. Posizioni estreme non servono a nulla». Parole sacrosante!
Il dettaglio: non sono le parole di un esponente del Gruppo per una Svizzera senza esercito. E nemmeno di un attivista puro e duro per i diritti popolari. Sono le pacate e sensate parole della Società svizzera degli ufficiali, nella sua presa di posizione del 25 giugno 2011 sul rapporto presentato dal Consiglio federale sulle riforme dell’esercito (pagina 4, nell’introduzione).
In questo momento comunque non si dovrebbe votare sull’esercito in sé, né sulla sua dotazione di uomini, né sull’entità esatta dei mezzi forniti all’armata svizzera per svolgere i suoi compiti. Si dovrebbe piuttosto votare sull’acquisto eccezionale di nuovi aeroplani da guerra. Macchine che si vogliono comprare in fretta e furia grazie al franco debole, senza considerare i benefici e gli svantaggi economici che quest’acquisto darebbe alla Svizzera.
Bisogna porsi almeno un paio di domande su questa questione. La prima: sono veramente necessari? Ne discutevo con un tenente colonnello qualche giorno fa, un ufficiale che con molta schiettezza e guardandomi negli occhi mi ha semplicemente spiegato che nemmeno a lui nessuno ha spiegato a cosa servono 22 (!) aerei da combattimento. Aggiungo io, in un periodo in cui i rischi emergenti per la Svizzera, Paese attorniato da Paesi racchiusi tutti in un solo patto militare, la NATO, sono i cyberattacchi e i pericolosissimi minidroni.
La seconda domanda non indifferente riguarda il Consiglio federale. Dove troverà i soldi per aumentare il plafond disponibile per l’esercito? I nostri ministri, e noi con loro, dovranno sopportare la scomodissima situazione di dover togliere poste di spesa in alcuni dipartimenti – già dissanguati – per darle all’esercito. Soldi che servirebbero alle pensioni, alla disoccupazione, alla formazione, alle strade, ai treni, saranno usati per 22 (inutili) aerei da combattimento. Come dice la Società svizzera degli ufficiali, quando si parla di esercito bisogna far votare il popolo. E io dico: ancora di più bisogna far votare il popolo se oltre a decisioni di principio sull’esercito bisogna prendere decisioni finanziariamente eccezionali e pasticciate.
Inizialmente il Consiglio degli Stati aveva pensato di trovare una soluzione per andare al voto (ovvero creare un fondo tramite decreto federale, chiaramente referendabile). Il Consiglio nazionale ha però puntato i piedi e l’ha spuntata: niente referendum. Ma è una decisione sbagliata! Quando i partiti borghesi parlano di esercito si riempiono la bocca di belle parole sull’orgoglio e sulla svizzeritudine, su quanto sia importante avere un esercito forte e quant’altro. Quando però è il momento di essere svizzeri fino in fondo, essere precisi e rispettare il principio che di fronte alle decisioni importanti il popolo deve poter essere chiamato in causa, quegli stessi partiti borghesi si chiudono a riccio. E fanno e dicono di tutto pur di non farci votare. La domanda che resta è una sola: non è per caso che hanno paura di essere sconfessati?
Filippo Contarini, candidato del PS al Consiglio nazionale
Corriere del Ticino, 4.10.2011